Il gioco nella relazione di cura: l’improvvisazione musicale prende corpo (prima parte)

Esiste un volto della Musicoterapia Umanistica poco conosciuto: la presenza del co-terapeuta che non è il braccio lungo del musicoterapeuta, né tanto meno  l’aiutante di turno.

E’ una figura professionale precisa, ben descritto nell’articolo 5 del regolamento della Federazione Italiana Musicoterapeuti e visionabile qui.

Insieme al co-terapeuta si crea una “Musicoterapia a quattro mani”, meglio definita come Relazione Circolare nella Musicoterapia Umanistica.

Durante il nostro corso di formazione offriremo ai partecipanti la possibilità di assistere a quattro sedute di musicoterapia dal vivo, con i bambini seguiti grazie al progetto attivato con Fondazione Ariel dallo scorso marzo.

Fondazione Ariel (leggi il progetto qui) ha creduto in questo approccio musicoterapico. Quattro bambini tra 1 e 3 anni con danno e/o ritardo neuromotorio stanno ottenendo grande giovamento dalle sedute di musicoterapia “a quattro mani”.

La musicoterapia si impara non solo sui libri di scuola, ma soprattutto andando a bottega, ed è questo il senso del corso pensato in due moduli, uno pratico, con osservazione e partecipazione sul campo e uno di rielaborazione, di confronto e perché no, di attivazione personale, per provare su di sé ciò che un bimbo percepisce quando è sul pianoforte a coda, mosso, accarezzato, sostenuto dalle mani rassicuranti e sagge della Dott.ssa  Simona Colpani, co-fondatrice del modello Relazione Circolare in Musicoterapia Umanistica.

E’ una danza a quattro mani, continua. Il suono si alterna con il silenzio, le mani suonano con la stessa intensità emotiva, lo stesso ritmo e tocco delle mani che giocano con il bambino. Non c’è chi comanda e chi è è guidato. Solo ascoltandosi reciprocamente e soprattutto ascoltando e osservando il bambino si può creare quella magia (in senso etimologico da magis= di più) quella sovrabbondanza di emozioni e attenzione che fanno scaturire importanti passaggi di crescita: conquistare la verticalità, l’equilibrio nella verticalità, l’uso consapevole della voce per comunicare, la coordinazione occhio-mano, il superamento di paure legate a vissuti perinatali di lunga e pesante ospedalizzazione, l’esplorazione alla base della curiosità e della conoscenza e l’elenco potrebbe continuare.

Al di là della sintonia emotiva tra musicoterapeuta e co-terapeuta, della loro simpatia reciproca e naturale, ci sono tecniche che si possono imparare, che è molto utile imparare, anche se poi, magari, difficilmente un musicoterapeuta avrà la fortuna di collaborare con un collega in questo modo.

E’ come vedere le cose in modo tridimensionale: non solo il beneficio della musica (e tutto il bagaglio di conoscenze che richiede improvvisare in modo comunicativo al pianoforte), ma anche scoprire gli effetti che quella stessa musica provoca in chi la riceve.  Forse, anche se  non avremo con noi un/una collega, ci sarà con noi un genitore (o almeno ce lo auguriamo).

E allora potremo offrirgli alcune indicazioni su come sostenere il bambino per favorire il suo coinvolgimento, la sua attivazione o il suo rilassamento, quali trucchi utilizzare per tenere alto il suo interesse e l’attenzione condivisa, come sollecitarlo a indicare con il ditino, a usare la voce, a chiedere “ancora”, “dammi” iniziando a comunicare in modo intenzionale.

Il corso “Il gioco nella relazione di cura: l’improvvisazione musicale prende corpo”, che potrà essere seguito anche in un solo modulo, qualora non sia possibile fare altrimenti, vuole essere l’inizio di un percorso di formazione continuativo.

Per iscrizioni e info:

Paola Beltrami 333 8294355

paola.beltrami@musicoterapia.it

VI ASPETTIAMO!

 

 

 

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